L'uso di piante come addobbo è frequente nelle feste popolari religiose. Esse possiedono, in modo più o meno occulto, un carattere simbolico.
Nella cittadina di Bronte, il giorno del Venerdì Santo, alcuni fercoli, che sono portati in processione, sono sfarzosamente parati con grappoli di baccelli di fave. In questo lavoro si esplicita la simbologia di questo paramento.
In Sicilia, ogni città, paese, borgo o quartiere sente la necessità di partecipare alle festività pasquali con riti derivati da usi e costumi locali.
Cerimonie queste che discendono da antichissime tradizioni di cui non sempre è possibile risalire all'aspetto originario ed alle motivazioni profonde che le hanno generate.
In particolare è la Settimana Santa che viene espressa dai fedeli secondo un comune copione: la rappresentazione del Calvario di Cristo. A questo momento liturgico, che viene manifestato con processioni e rituali mesti, segue la Resurrezione, che segna il momento della gioia e della festa vera e propria.
Come è noto, tutti i rituali della Pasqua giudaico cristiana, richiamano una ritualità simbolica precristiana dove la parola pasqua, dall'ebraico pesah = passaggio, è sintesi di rinnovamento; di transito di una fase di morte della natura (l'inverno) ad una fase di vita e di risveglio (la primavera).
In altri termini si ha la sovrapposizione di certi rituali religiosi con le celebrazioni laiche legate al risveglio della natura, a cui gli uomini desiderano parteciparvi coralmente perché avvertono la sacralità del momento, in quanto ciclico e rituale, che scandisce il ritmo vita/morte/vita.
Nella cittadina di Bronte la rappresentazione del Calvario, il giorno del Venerdì Santo, viene celebrata con una processione che, per certi aspetti, si rifà a modelli presenti in numerose realtà siciliane (ad esempio: Caltanissetta, Trapani, Aidone, Pietraperzia, eccetera), cioè una serie di fercoli (vare) che sorreggono statue lignee, effigianti sacri personaggi oppure scene del Calvario; mentre per un altro aspetto mostra un particolare significante pressoché unico.
Le vare, portate a spalla dai fedeli, che sfilano durante la processione del Venerdì Santo, sono quattro e raffigurano: Cristo morto, Cristo flagellato, il S.S. Crocifisso e l'Addolorata; ad esse si aggiungono dei figuranti che rappresentano soldati romani, giudei e Cristo carico della croce.
Tutte le vare sono adornate con ricchi addobbi fiorali, ma due di essi - il Cristo flagellato e il S.S. Crocifisso - recano, accanto agli infioramenti, traboccanti grappoli di baccelli freschi (faviane) di fava.
Analoghi ciuffi di questo prodotto vegetale perdono dai bracci della croce portata a spalla da un figurante.
Chi assiste per la prima volta a tale rito si meraviglia della presenza di siffatti dimessi ortaggi posti accanto ad una raffinata ornamentazione fiorale. A ciò si aggiunge uno strano particolare; nel periodo della festa mobile anzidetta (che cade fra marzo ed aprile), le fave nel Brontese non sono, in genere, in fruttificazione; infatti, essendo il territorio posto intorno agli 800 metri di altitudine, la invaiatura si ha a metà maggio. In conseguenza di tale carenza, i baccelli delle fave devono essere reperiti in un luogo più a valle; questo luogo è la Piana di Catania.
Stando le cose nei modi sopraccennati - disarmonia estetica fra ricca infiorata e poveri baccelli, non che reperimento degli orpelli vegetali in un territorio lontano - i grappoli di faviane devono possedere uno o più significati simbolici. E così è.
Innanzi tutto esse costituiscono un omaggio alla divinità con fine propiziatorio.
Nel Brontese le coltivazioni di leguminose (fave, piselli, ceci, lenticchie), hanno avuto un peso economico importante, almeno fino ad un'epoca recente.
Secondariamente occorre precisare perché, all'interno dell'anzidetto omaggio, siano proprio le fave a svolgere tale ruolo.
Il fatto è da attribuire soltanto ad una questione volumetrica; il loro baccello è il più grande, perciò più appariscente, fra quelli degli altri ortaggi consimili.
Infine occorre chiarire la scelta della Piana di Catania come luogo di reperimento dell'ortaggio. Essa discende da motivazioni antiche, legate alla vita dei pastori che nel Brontese hanno avuto ed ancor hanno larga presenza.
Dalla Piana, proprio nel periodo pasquale, essi ritornavano ai pascoli montani dopo aver concluso la transumanza e, nella occasione, portavano alla divinità il dono di una primizia costituita dalle faviane.
A margine di questa usanza religiosa vi è un' altra appendice devozionale. Alla fine della processione i portatori delle vare manifestano l'antichissima credenza magico religiosa della legge del contatto; secondo la quale ciò che è stato vicino al divino diventa elemento di protezione contro ogni avversità e apportatore di benessere spirituale e materiale.
Essi allora si accapigliano per impossessarsi del baccelli che sono stati appesi alle vare e li consumano sul posto.
- Testo a cura di Salvatore Arcidiacono (Docente di Scienze Naturali), tratto del sito "Bronte Insieme".
- Foto tratte dal web.


